mercoledì 27 aprile 2011

La Basilica di Sant'Agnese Fuori le Mura (Roma)


Sulla Via Nomentana, a circa 2 km dalle Mura Aureliane sorge la Basilica di Sant’Agnese, nella zona  detta ‘suburbio’ proprio perché posta fuori le mura della città. E’ qui che si concentrò la politica monumentale imperiale durante i primi secoli del cristianesimo ed è qui che l’imperatore Costantino fece costruire una monumentale basilica, poi abbandonata e sostituita da quella odierna. Il sito in questione fu scelto perché qui fu portata Agnese, giovane martire durante le persecuzioni di Valeriano o Diocleziano, e deposta in un ipogeo all’interno di gallerie preesistenti. Attorno alla sua sepoltura, avvenuta intorno al IV secolo, si sviluppò una rete di gallerie su tre livelli secondo la prassi, comune all’epoca, di seppellire i fedeli accanto al corpo del martire, alla ricerca del cosiddetto ‘vicinato santo’. Ben presto le catacombe furono intitolate alla giovane santa. Le fonti sono discordi per quanto riguarda anno e modalità del martirio ma sappiamo con certezza che Agnese veniva ricordata già nel 336 d.C. nei calendari della Chiesa di Roma. Il giorno della sua festa è ancora oggi il 21 gennaio (riportato anche nella Depositio Martyrum).
Nelle immediate vicinanze della tomba della santa l’imperatore Costantino, per volere della figlia Costantina, fece erigere una basilica di cui ancora oggi  sono visibili imponenti resti: parte dei muri perimetrali e dell’abside sostenuta da contrafforti a gradoni e con finestre rettangolari.



All’interno della navata centrale doveva trovarsi una piccola area rettangolare absidata ipogea la cui funzione non è ancora stata chiarita. L’edificio era preceduto da un grande atrio. Sul lato meridionale delle antiche mura  si impostava il Mausoleo di Santa Costanza, costruito sempre per volere della figlia di Costantino e dove questa volle essere sepolta. Grazie a scavi effettuati intorno alla metà del secolo scorso si è potuto accertare la destinazione dell’aula come luogo di culto e non come recinto funerario, come si era  ipotizzato fino ad allora. L’aula di culto fu costruita tra il 337 e il 351, periodo di permanenza di Costantina a Roma, ed era del tipo detto “circiforme”, aveva cioè una forma del tutto simile a quella di un circo romano, con deambulatorio continuo (le navate non si interrompono ma girano intorno all’abside). Nella Roma paleocristiana vi erano altre cinque basiliche di questo tipo, tutte di committenza imperiale, e situate nel suburbio: la Basilica Apostolorum sulla via Appia, la Basilica dei SS Pietro e Marcellino sulla via Labicana, la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura sulla via Tiburtina, la Basilica Anonima sulla via Prenestina, la Basilica di San Marco sulla via Ardeatina, presso il complesso di San Callisto.
Sempre nel corso del IV secolo la tomba della santa fu sistemata con un sacello quasi del tutto interrato nel fianco della collina e abbellito da papa Liberio (352-366) (“….ORNAVIT DE PLATOMIS MARMOREIS SEPULCRUM  SANCTAE AGNAE MARTYRIS” Liber pontificalis I, 208),  con un altare rivestito da plutei in marmo raffiguranti una bimba in preghiera, oggi visibili lungo le pareti del grande scalone che conduce alla basilica attuale. I plutei furono poi reimpiegati, insieme ad altri materiali, come pavimentazione dello scalone e  riscoperti solo nel XIX secolo.



In seguito fu papa Damaso (366-384) ad ornare il sacello con il suo carme dedicato alla santa, anch’esso posto oggi lungo la scalinata. Inciso su una lastra di marmo dal suo calligrafo, Furio Dionisio Filocalo,  il testo si apre con un “FAMA REFERT” (“Si dice”) ed è in  esometri (i versi eroici virgiliani e omerici). L’intento era quello di dare enfasi al racconto esaltando le doti eroiche della martire della chiesa in modo da ergerla a modello. La mano del calligrafo di Damaso è inconfondibile per l’uso di lettere capitali alle quali sono aggiunti dei  riccioli.

Nel V d.C. il sacello fu trasformato in basilichetta ad una sola navata i cui resti furono ritrovati ai primi del ‘900, oggi non più visibili. E’ probabilmente in questo periodo, forse per opera di Papa Simmaco (498-514), che fu realizzato il grande scalone di accesso ancora in uso (rifatto nel XVI secolo) dove, come si è detto, sono esposti numerosissimi reperti, pagani e cristiani, venuti alla luce con gli scavi del secolo scorso. Lo scalone metteva in comunicazione il livello della campagna (Via Nomentana) con l’ingresso dell’ipogeo.

Solo con papa Onorio I (625-638) la basilica Costantiniana, ormai in rovina malgrado gli interventi di papa Simmaco, fu abbandonata e il nuovo luogo di culto si impostò sulla piccola basilichetta mononave situata proprio sopra la sepoltura della santa, questo perché la volontà di papa Onorio I era quella di costruire un luogo di culto “ad corpus”, cioè a ridosso del corpo del santo, facendo coincidere il luogo di sepoltura della martire, attualmente a circa 6 metri sotto il manto stradale, con l’abside e in particolare con l’altare. La caratteristica fondamentale di questa nuova basilica è quella di essere semi-ipogea, emergendo dal terreno solo dal livello dei matronei in su. Questi ultimi avevano un loro ingresso indipendente mentre alla parte bassa della basilica si accedeva tramite lo scalone. Fu solo nel XVII secolo, per volere del cardinale Alessandro dé Medici che la collina intorno alla basilica fu sbancata creando così un cortile ed un accesso diretto dal piano della basilica stessa.

La basilica onoriana ha un orientamento ovest est (abside rivolta alla via Nomentana) a tre navate, con nartece (al quale si accede tramite lo scalone), abside singolo, matronei su tre lati, colonne e capitelli corinzi  di reimpiego e provenienti probabilmente dalla basilica costantiniana. Il pavimento della navata centrale era in mosaico “cosmatesco”, in seguito sostituito con mattoni e poi di nuovo con marmi provenienti dalla basilica di San Paolo, mentre quello delle navate laterali era in materiale di recupero nel quale è stato ritrovato, nel 1728, il carme di papa Damaso.  

La decorazione della basilica ricorda quella di tradizione bizantina, ricca  d’oro e mosaici, tra i quali spicca quello del catino absidale dove si vedono rappresentate tre figure: Sant’Agnese con diadema di gemme, collana di perle e tunica riccamente decorata che conferiscono alla santa un aspetto regale. Il volto è completamente bianco con due soli punti rossi a sottolinearne le gote. Sotto i suoi piedi una spada e ai lati due globi di fuoco che alludono al martirio avvenuto tramite il fuoco, secondo una delle tante tradizioni. Nelle mani ha il rotolo delle Sacre Scritture. Accanto ad Agnese due pontefici, Simmaco e Onorio I (rispettivamente alla sinistra e alla destra della santa), quest’ultimo porge alla martire un modellino della chiesa da lui costruita, mentre l’altro ha  tra le mani un codice.

L’altare maggiore di Onorio, andato distrutto e sostituito nel XVII secolo con papa Paolo V,  fu eretto in modo tale da ricoprire totalmente la sepoltura  della santa. Anche il ciborio, posto sopra l’altare, fu poi sostituito.
Nella cripta, accessibile dall’abside, riposano le spoglie di sant’Agnese. Il corpo della sorella, santa Emerenziana, fu traslato in loco solo nell’XI d.C. da un cimitero non lontano ma il suo capo è attualmente conservato nella basilica di San Pietro in Vincoli. L’urna con le sante reliquie è oggi visibile attraverso una cosiddetta “fenestella” alla quale si arriva attraverso un corridoio curvilineo costruito solo a metà del secolo scorso.

Le cappelle laterali, tre per ogni navatella, non erano previste nel progetto di Onorio e risalgono ad una fase molto più recente.

Dal lato sinistro  del nartece si accede alla sagrestia e alle catacombe, gravemente distrutte dai sotterranei a volta costruiti sotto le tre navate nel corso del XVIII secolo. Al contrario le gallerie si  conservano ancora  ai lati della basilica, presso l’abside e nella zona del mausoleo di Costanza.
All’esterno, accanto all’abside, fu eretto il campanile quattrocentesco  su due piani con bifore di tipo rinascimentale.

Attualmente la basilica presenta un aspetto molto diverso da quello che doveva avere al tempo della sua costruzione, soprattutto a causa di rifacimenti apportati alla pavimentazione, alle coperture rifatte nel XVII e nel XIX secolo e, non ultima, all’inserimento della decorazione pittorica ottocentesca che spicca nettamente nel quadro d’insieme dell’interno.


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