sabato 21 maggio 2011

La cupola della Roccia (Gerusalemme)


La cupola della Roccia, in arabo Qubbat al-Sakhra, posta a diretto contatto con la moschea di Al-Aqsa, fu edificata da  Abd al-Malik (685-705) della dinastia degli Omayyadi. E’ posta quasi al centro della spianata dell’Haram al-Sharif (nobile santuario), dove una volta c’era il tempio di Salomone. Fu costruita sopra una roccia dove secondo la tradizione si compì il sacrificio di Abramo, di cui gli arabi si ritenevano discendenti.
Durante la sedizione dell’anticaliffo Ibn al Zubayr che si era impadronito della Mecca, la Cupola della Roccia sostituì la Kaaba divenendo luogo di pellegrinaggio. Da qui secondo la tradizione Maometto avrebbe spiccato il volo per il suo viaggio ultraterreno sulla groppa di Buraq, il mistico cavallo celeste.
La porzione di terreno su cui poggia la Cupola della Roccia per una serie di eventi concomitanti è sacra per tutte e tre le religioni monoteiste collegate a questa terra: ebraica, cristiana e musulmana. Per questo motivo nel corso dei secoli questo sacro luogo è stato oggetto di una contesa che a ancora oggi pare irrisolta.
Secondo la tradizione ebraica Abramo avrebbe accettato di sacrificare il figlio Isacco sulla roccia inglobata nel complesso della cupola. Con Salomone il pianoro fu spianato per costruirvi il tempio. Per i cristiani il luogo è sacro perché collegato alle vicende della vita di Gesù. Secondo la tradizione musulmana invece da qui Maometto sarebbe asceso al cielo. I suoi seguaci decisero quindi di costruirvi la Cupola ma con la prima crociata tornò sotto la protezione dei cristiani e venne ribattezzata Templum Domini.

IL TEMPIO DI SALOMONE
Salomone salì al trono il 970 a.C. e tra i suoi compiti ci fu quello di dare degna collocazione all’Arca dell’alleanza e alle Tavole della Legge. Il progetto del tempio fu affidato ad artigiani, ingegneri e architetti fenici forniti dal re Hiram di Tiro. Con il loro aiuto gli ebrei eressero il tempio e impararono le tecniche di costruzione e di artigianato per le quali i fenici erano rinomati. Il progetto del santuario fu ideato sulla base di influenze fenice e cananee sebbene il concetto espresso dal tempio era diverso da quello di altri templi dell’epoca.
La pianta era rettangolare, con orientamento est-ovest, sui lati del tempio tre stanze per la conservazione dei tesori, utensili, recipienti. Come dimostrano prototipi semitici, il tempi era suddiviso in tre parti: un vestibolo, un’unica navata lunga circa 20 metri con finestrelle che illuminavano scarsamente e infine il sancta sanctorum di forma cubica con 10 metri di alto senza finestre e illuminato solo dalla luce di una lampada. Qui dovevano trovarsi i due cherubini, sfingi alate che stavano di sentinella all’arca dell’alleanza e alle tavole della legge. Nel cortile del tempio c’era un enorme bacile in bronzo e un altare per i sacrifici alto cinque metri e a scalini. Di fronte all’entrata del tempio si trovavano le due colonne in bronzo.
Il tempio faceva parte dell’intero complesso che racchiudeva anche il palazzo di Salomone: la Casa della Foresta del Libano, la Sala delle Colonne, la Sala del Trono, la Sala del Giudizio, tutti edifici posti su terrazze che attorniavano l’alta sporgenza rocciosa. La descrizione di tutti questi edifici, compresa quella del tempio, provengono dal racconto biblico non essendoci purtroppo alcuna traccia archeologica di queste strutture.
Quando nel 587 a.C. Nabucodonosor di Babilonia assediò e distrusse Gerusalemme il tempio fu saccheggiato dato alle fiamme e raso al suolo. Le suppellettili al suo interno furono portate a Babilonia insieme a migliaia di prigionieri ebrei.
Fu solo in occasione della liberazione degli ebrei dal giogo babilonese ad opera di Ciro, re persiano, nel 539 a.C. che i successori della casa di Davide cominciarono i lavori per la ricostruzione del tempio nel 520 a.C. con il patrocinio di Dario I che contribuì economicamente e riportando le preziose suppellettili da Babilonia,  tranne però l’arca e le tavole di Mosè. Il nuovo tempio sorgeva su una grande spianata rettangolare e non poteva reggere il confronto con quello andato distrutto di cui mancavano anche le misure.
Un’ulteriore fase di crisi per Gerusalemme e il tempio subentrò con la caduta dell’impero Achemenide ad opera dei Greci e la conquista di Alessandro Magno. Ma fu con la spartizione dell’impero di Alessandro e le guerre tra Tolomei e Seleucidi che la Palestina venne a trovarsi tra due fuochi. Fu Antioco IV dei Seleucidi ad avere la meglio e a marciare su Gerusalemme nel 169 a.C. saccheggiando il tempio e le sue suppellettili ed erigendo un simulacro di Giove e un altare al suo interno. Anche il rotolo della legge fu stracciato e bruciato, provocando la reazione violenta degli Ebrei che capitanati dagli Asmonei e i Maccabei cacciarono i Seleucidi dal tempio che fu così riconsacrato. A questo punto il tempio divenne una fortezza per volontà di proteggerlo e fu munito di mura torri e protetto da un fossato a secco immenso.


LA CONQUISTA ROMANA

L’esercito romano di Pompeo riuscì comunque nel 63 a.C. ad assediare ed espugnare la “fortezza” e penetrando nel tempio compiendo massacri. Da questo momento Gerusalemme entra nell’orbita romana anche grazie al ruolo assunto da Erode il Grande filo romano e nominato governatore della Galilea nel 39 a.C. grazie alla sua amicizia con Antonio che gli valse anche il titolo di re dei Giudei. Dopo la sconfitta di Antonio ad Anzio nel 31 a.C. Erode si sottomise ad Ottaviano. Ossessionato dall’idea di essere ben voluto da tutto, dai romani e dagli ebrei, fu prolifico costruttore di città e templi e a Gerusalemme, tra le altre cose, dedicò tutte le sue energie al tempio desideroso di essere ricordato come colui che riuscì a restaurare il tempio e a superare la magnificenza di quello di Salomone.
La spianta sulla quale il tempio  poggiava fu allargata, la roccia fu livellata e i fossati riempiti. I muri di sostegno dell’enorme podio erano costituiti da pietre che arrivavano a misurare anche 12 metri. Il podio aveva un area di centomila metri quadrati. Nel bastione esterno si aprivano 8 porte che immettevano nella spianata dai 4 punti cardinali. Sul lato meridionale si accedeva per mezzo di lunghe rampe.
Il perimetro della piattaforma era circondato da portici colonnati che sul lato sud si allargavano a comprendere il portico reale di 162 colonne corinzie. Questi portici erano il confine esterno del cosiddetto atrio dei Gentili dove si svolgeva la vita quotidiana di Gerusalemme. Il cortile interno era invece limitato da una balaustra, 14 gradini e un muro di pietra con dieci porte d’oro e argento e costituiva i cosiddetti Sacri Recinti dove accedevano solo gli ebrei autorizzati. Il sacrario era diviso in tre: un settore era riservato alle donne, il cortile delle Donne, mentre gli uomini erano autorizzati a salire i  15 gradini che immettevano nel cortile degli Israeliti. Da qui si assisteva alle funzioni svolte nel cortile dei Sacerdoti. Il santuario era in stile ellenistico con facciata in marmo bianco sormontato da architrave di pampini d’oro. L’entrata era fiancheggiata da due colonne scanalate.
Quando Nerone decise di inviare in Palestina il suo generale Vespasiano la situazione a Gerusalemme e non solo era critica per le continue rivolte e scontri ma fu con Tito, figlio del neoimperatore Vespasiano, che nel 70 d.C. Roma marciò su Gerusalemme e diede fuoco al tempio che da quel momento non risorse più. L’impresa fu rappresentata anche sul suo arco a Roma. I resti del tempio furono abbattuti e le macerie precipitate dal parapetto della spianata. Restarono intatti solo gli enormi macigni del muro di sostegno che reggeva il lato occidentale del tempio: il Muro del Pianto.
L’ultima rivolta ebraica fu sedata, definitivamente da Adriano nel 132 d.C. L’intento di Roma era quello di eliminare qualsiasi traccia della civiltà ebraica tanto che Gerusalemme fu ricostruita e rinominata  Aelia Capitolina, città da cui gli ebrei erano banditi. Là dove una volta sorgeva il tempio Adriano fece erigere una sua statua equestre e un effige di Giove Capitolino, suo dio patrono.
Con Costantino Gerusalemme riacquista il suo nome e da allora fu meta di pellegrinaggi costanti. Il tempio in rovina tornava ad essere visitato dagli ebrei, ora non più banditi dalla città. Ben presto però la spianata del tempio venne considerata dai cristiani un luogo maledetto e fu ridotto a immondezzaio. Gli ebrei dunque rivolsero le loro preghiere e i loro lamenti alla porzione di muro occidentale rimasta, il Muro del Pianto.
Costantino attuò una sistematica e monumentale sistemazione di Gerusalemme a partire dal concilio di Nicea del 325 d.C. Fu anche grazie all’interesse di Elena, madre dell’imperatore, che vennero ricercati tutti quei luoghi sacri ai cristiani.
Con Giustiniano e sua moglie Teodora la rinascita di Gerusalemme e la Terra Santa raggiunge l’apice. La popolazione cresce e i pellegrini aumentano divenendo fonte importante di entrate. Si costruiscono chiese e ospizi per i pellegrini ma alla morte dell’imperatore  l’impero d’Oriente si indebolì e i Sassanidi minacciavano la tranquillità e nel 614 Gerusalemme fu assediata e saccheggiata. I persiani demolirono chiese e santuari, le sacre reliquie venne deportate a Ctesifonte ma Eraclio, nuovo imperatore di Bisanzio, riuscì a riconquistare la città e a recuperare la reliquia della Vera Croce. Si tratta però di una vittoria effimera vista l’estrema debolezza in cui versava l’impero di cui si approfittarono i seguaci di Maometto.

IL PERIODO ISLAMICO
Nel 636, a cinque anni dalla morte di Maometto, le truppe islamiche si trovarono ad assediare la Gerusalemme bizantina e nel 637 fu conquistata. L’impero bizantino vacillava ormai di fronte alle armate di Allah ben presto gran parte delle grandi città della Siria erano cadute in mano musulmana. Gerusalemme era l’obiettivo del califfo Omar poiché teatro particolare dell’insegnamento di Maometto. Una volta entrato nella città Omar si recò verso il luogo dove un tempo sorgeva il tempio di Salomone ma che al tempo di Omar era un luogo profanato dai rifiuti e considerato maledetto poiché lo stesso Gesù ne aveva predetto la distruzione. Qui Omar decise di innalzare una moschea, rispettando il volere di Maometto che anni prima aveva fatto di Gerusalemme  la prima qibla, cioè la direzione verso la quale volgere la preghiera, poi spostata a La Mecca. Gerusalemme era il luogo verso il quale una notte Maometto fu portato in volo da una creatura alata con volto di donna e scortato dall’arcangelo Gabriele. Atterrarono sulla rupe del tempio e dalla sommità attraverso una scala di luce dorata Maometto salì al cielo. Secondo la leggenda la rupe avrebbe voluto seguire il profeta da ma Gabriele la respinse lasciando l’impronta della sua mano su di essa. Una volta ricevute le istruzioni da Allah Maometto ritornò alla Mecca in sella al al-Buraq. In ragione di ciò Omar fece costruire presso la rupe una moschea dalla pianta quadrata e dalla rozza tipologia che però sanciva il diritto dei musulmani su Gerusalemme.
Nel 697 il califfo Abd al-Malik sostituì  la primitiva costruzione di Omar con la Cupola della roccia, Kubbat as-Sakhra. L’appellativo di “moschea di Omar” resta ancora oggi in ricordo della costruzione che precedette la Kubbat. I musulmani considerano tutto l’Haram ash-Sharif, la vasta spianata su cui poggia la cupola, una moschea e in ogni punto ci si può prostrare per pregare. All’estrema punta meridionale del Haram c’è la moschea di al-Aqsa ed è ai piedi di questa che si trova l’unica porzione di muro restante del tempio ebraico, non quello di Salomone, bensì quello ricostruito  e poi distrutto da Tito. E’ il Muro del Pianto.
Tra i motivi per i quali al-Malik decise di intraprendere la costruzione delle cupola della Roccia c’era anche quello di porre in competizione Gerusalemme con La Mecca dove una serie di rivolte guidate dal despota al-Zubair avevano lo scopo di destabilizzare la dinastia degli Omayyadi. I tentativi di riprendere la Mecca e Medina erano stati inutili e si tentò di attrarre il maggior numero di musulmani a Gerusalemme, qibla originaria ed emanò un editto che impediva ai suoi sudditi di recarsi in pellegrinaggio alla Mecca.
Furono mobilitati architetti e artigiani bizantini e persiani per costruire quello che lui voleva diventasse il nuovo fulcro dell’Islam. Agli architetti fu ordinato di costruire un modello in scala ridotta del progetto per avere modo di visionare il progetto prima che fosse realizzato. Attualmente questa piccola costruzione detta Duomo della Catena (il nome si riferisce alla catena di re Davide che poteva essere afferrata dagli innocenti ma che sfuggiva alla presa dei colpevoli) si trova ai piedi della Cupola vera e propria ma inizialmente fungeva da deposito di spezie e incensi per profumare il santuario e per conservare il tesoro che doveva finanziare le opere.
I lavori della cupola iniziarono il 687 e si conclusero nel giro di quattro anni nel 691 e i dinari d’oro avanzati furono fusi per decorare l’intera cupola che rivaleggiava così con l’altra cupola che dominava la città quella della chiesa del Santo Sepolcro. Probabilmente un dei motivi che mossero Malik fu anche quello di distogliere i musulmani da  un possibile conversione al cristianesimo. Dal punto di vista architettonico poi le due costruzioni risultano molto simili nei piani e nelle dimensioni. Di conseguenza la cupola della Roccia risultava quasi una imitazione di quella del santo Sepolcro ma presentava una evoluzione architettonica utilizzando l’antico modulo romano dell’ottagono. Quattro dei lati uguali erano allineati con i punti cardinali. Tutto era poi unificato da uno splendido mosaico colorato. All’interno invece tutto era fatto in modo che la roccia sacra spiccasse verso l’alto.
L’interno era suddiviso in tre cerchi: il più interno comprendeva la roccia il tamburo con finestre e la cupola emisferica poggiavano su pilastri e colonne in cerchio. Una transenna in ebano recintava As-Sakhra e una tenda poteva essere tirata. Gli ambulacri mediano ed esterno sono divisi da un ottagono di pilastri e colonne parallele alle otto facce del muro esterno. Le colonne sono di spoglio e recuperate dalle rovine delle chiese cristiani distrutte dalle incursioni persiane. Ogni centimetro dell’interno era decorato da mosaici, stucchi dipinti e gioielli.
Ogni elemento strutturale e decorativo ha un preciso rapporto matematico e geometrico con tutti gli altri: all’interno del diametro della cupola si inscrivono due quadrati sfalsati di 45 gradi. I prolungamenti dei lati di questi determinano le dimensioni dell’ottagono che separa i due ambulacri. I lati dell’ottagono, a loro volta prolungati, formano altri due quadrati sfalsati come i primi e inscritti in una circonferenza che a sua volta contiene l’ultimo ottagono con i lati paralleli al primo e che determina il perimetro dell’edificio.
La Cupola della Roccia non riuscì mai ad oscurare l’importanza della Mecca ma Gerusalemme fu eletta a terza città sacra dell’Islam e chiunque non potesse recarsi in pellegrinaggio in Arabia sceglieva Gerusalemme come meta prediletta.
Tra VIII e X secolo Gerusalemme visse un’età aurea. Quello fu un periodo di intensa collaborazione tra Medio Oriente islamico e Europa cristiana soprattutto dal punto di vista commerciale. Lo stesso Carlo Magno strinse alleanza con l’Islam contro i bizantini ma l’intesa era destinata a finire con  la salita al trono del Cairo del nuovo califfo detto Hakim il Pazzo nel 996 la cui eccentricità e crudeltà lo spinsero a perseguitare cristiani ed ebrei e distruggere la chiesa del santo Sepolcro. La disastrosa parentesi di Hakim fu subita anche dai musulmani che nonostante tutto continuarono a rispettare la legge islamica che prevedeva la tolleranza verso gli altri “popoli del libro”. Ciò fu dimostrato anche dal figlio e successore di Hakim che concesse all’imperatore Costantino VIII di ricostruire la chiesa del santo Sepolcro.
A metà del XI secolo i Selgiuchidi, feroci nomadi turchi, irruppero nei territori di Fatimidi e Abbasidi arrivando a controllare Armenia Iraq e Persia e miravano ad invadere l’Asia minore bizantina arrivando fino in Siria. Gerusalemme fu strappata ai Fatimidi considerati musulmani eretici dai Selgiuchidi e proibirono il culto cristiano.

LE CROCIATE
Con i turchi ormai alle porte di Costantinopoli e pronti ad appropriarsene, papa Urbano II al concilio di Clermont esortò il mondo cristiano a liberare la terra santa al grido di “Dio lo vuole”, sottolineando come ormai la chiesa d’oriente non fosse più in grado di esaudire il compito e sperando in una futura unificazione delle due chiese sotto un’unica guida, quella del papa di Roma.
Nel 1098 i Fatimidi riconquistano Gerusalemme ma nel 1099 la Prima Crociata galvanizzata dal discorso di Urbano II giunge alle porte di Gerusalemme. Inizialmente i crociati ebbero la peggio ma dopo estenuanti tentativi e innumerevoli sofferenze riuscirono a penetrare nella città e si diressero verso l’Haram dove i musulmani si stavano rifugiando per organizzare la difesa ma la rapidità dei crociati fu tale da impedirlo. La cupola e la moschea di al-Aqsa furono spogliate. La cupola della roccia divenne il Templum Domini e sulla cupola fu innalzata una grande croce d’oro mentre al-Aqsa il Teplum Salomonis. L’Haram fu riconsacrato al Salvatore: la grotta dei Profeti fu trasformata in cappella, l’incavo nella roccia che secondo la tradizione era l’impronta del piede di Maometto ora  diventa quella di Gesù. Il Duomo della catena divenne una chiesa o cappella. Tutto era fatto in modo da cancellare le tracce musulmane. Malgrado la lunga guerra di logoramento tra cristiani e musulmani, intervallata da momenti di tregua, il regno di Gerusalemme era fiorente ma una sorta di isola cristiana nel mare dell’Islam.
Baldovino I, primo re latino di Gerusalemme fece scavare dei gradini nella sacra roccia già segnata da tempo, e su di essa venne posto un altare. Le schegge della roccia erano vendute ai pellegrini tanto che i successori di Baldovino dovettero impedire che la roccia fosse ulteriormente danneggiata e venne recintata.
La Cupola della Roccia fu dunque inglobata nei simboli della cristianità sebbene in passato fosse stato considerato luogo maledetto dai primi cristiani. Ora fu trasformata in chiesa, le scritte cufite furono ricoperte di intonaco poi ricoperto da  dipinti cristiani tempestati di gioielli e mosaici con scene delle sacre scritture.
Al-Aqsa subì trasformazioni più profonde: essa fu in parte destinata a dimora reale, in parte fu sede dell’ordine dei Templari, la cui chiesa madre e simbolo era proprio il Templum Domini. Anche le strutture sottostanti la moschea e risalenti all’epoca di Erode il Grande furono adibite a stalla.

LA RICONQUISTA ISLAMICA
Nel 1187 Saladino restituisce la Cupola della Roccia all’Islam. La croce alla sua sommità fu deposta e trascinata per la città per poi essere fusa. Sia la cupola che al-Aqsa furono purificate tre volte con acqua di rose. Furono tolti gli intonaci le nicchie della qibla, le statue furono abbattute, i mosaici e dipinti strappati via. L’altare e le lastre di marmo che coprivano la roccia furono asportati.
Per Saladino i due santuari dovevano essere rinnovati, il pulpito in legno di cedro fatto costruire dal suo predecessore Norandino fu installato ad al-Aqsa. Fu costruita una nuova nicchia decorata in marmo e mosaico.
Riccardo Cuor di Leone guidò la terza crociata ma non riuscì a conquistare Gerusalemme e si rifiutò di visitarla anche dopo la concessione di Saladino che intanto avevo riaperto la città ai cristiani.
Morto Saladino Gerusalemme tornò in mano cristiana solo per poco tempo, nel 1229, ma già nel 1244 fu riconquistata per altri sette secoli.


DESCRIZIONE

La Cupola della Roccia è il monumento islamico più antico pervenutoci e fu completato nel 691 d.C. La ragione della sua costruzione non si trova in letteratura o in epigrafia ma è sicuramente in relazione con la il miracolo del viaggio notturno di Maometto alla Masijd al Aqsa, che si riteneva fosse avvenuto in Gerusalemme, e con l’ascensione al cielo del profeta.
Alla piattaforma artificiale Haram al Sharif creato durante il periodo di Erode si accede mediante se rampe di scale (due a sue e nord e una a est e ovest) ognuna delle quali è coronata da archi coronati. Di questi accessi si ha notizia solo dal X secolo in poi, mentre per il periodo omayyde non esistono testimonianze di accessi alla piattaforma.
L’edificio è di tipo preislamico, dunque prettamente siriaco, ed elaborato sulla base del principio del poligono stellato di cultura greca. La pianta è ottagonale con la cupola circolare al centro. All’interno si articola con un doppio deambulatorio: un primo peribolo ottagonale, quello più esterno, è diviso con  colonne alternate a pilastri, da un secondo peribolo circolare che sostiene il tamburo cilindrico su cui poggia la cupola lignea rivestita in metallo.
In origine l’esterno era rivestito in mosaico ma nel XVI secolo questo fu sostituito da una placcatura di mattonelle smaltate. All’interno invece era rivestito da cruste marmoree nella parte basamentale e in mosaico nella parte superiore. Il largo uso di mosaici si riallaccia sicuramente alla tradizione bizantina che tanta fortuna aveva  avuto in ambienti imperiali e soprattutto cristiani. D'altronde la costruzione della Cupola della Roccia fu voluta per rappresentare la volontà politica di Al-Malik, il cui governo fu volto a riformare lo stato arabo la cui lingua ufficiale, di religione e di stato, da quel momento sarebbe stato l’arabo, mentre la monetazione con lui si divincolò dalle imitazioni bizantine e sasanidi assumendo tipi propri.
Le tematiche dei mosaici sono tipiche dell’arte islamica ma con ornati vegetali derivati dalla tradizione classica o stilizzati secondo  il gusto iranico. Presentano anche simboli regali come corone e monili di tipo bizantino e sasanide che insieme alle numerose iscrizioni proclamano la vittoria dell’Islam su Bisanzio e i Sasanidi. In questo senso la Cupola della roccia assume il ruolo di vero e proprio monumento trionfale in grado di gareggiare con i grandi monumenti cristiani.
La tipologia della costruzione segue quella delle architetture dell’impero cristiano, e precisamente alla categoria dei martyria e si relazione con i grandi santuari dell’Ascensione e dell’Anastasis di Gerusalemme. La tecnica di costruzione e l’intricato sistema delle proporzioni deriva dalle chiese bizantine. Lo stesso vale per la decorazione, molti soggetti vegetali come alberi estremamente realistici o ghirlande e sono derivati dalla tradizione cristiana di Siria e Palestina. Ma non tutto deriva da queste influenze.
La decorazione a mosaico non contiene  figure umane o animali e non era da considerarsi solo dal punto di vista decorativo: gioielli corone, insegne del potere bizantino e sasanide, rappresentano i regalia dei principi destituiti dall’islam e sono posti come trofei all’interno dei monumenti musulmani. L’iscrizione in mosaico che corre lungo la parte bassa del soffitto dell’ottagono ha un significato decorativo e simbolico: infatti oltre ad essere elemento decorativo esso contiene passaggi cristologici del corano per enfatizzare il messaggio musulmano della città di Cristo.
I mosaici rappresentano palmette, composizioni di fiori di origine iraniana (gli omayydi traggono ispirazione dall’intera area sottoposta al loro dominio creando un vocabolario personalissimo).
Questi mosaici introducono due principi decorativi che poi continuarono nell’arte musulmana:
1  l’uso non realistico delle forme realistiche e la combinazione antinaturalistica di forme naturalistiche. Gli artisti non esitavano a cambiare il tronco di un albero in una scatolo di gioielli.
2 la continua varietà. Qui ritroviamo foglie di acanto, ghirlande, alberi, rosette ma non si tratta di ripetizioni.
I costruttori omayydi resero la cupola più significativa dall’esterno che dall’interno dove risulta quasi invisibile. Infatti il messaggio è rivolto all’esterno, alla città stessa.


Per approfondire:

Grabar, O. The Ummayyasd Dome of the rock in Jerusalem in Ars Orientalis III, 1959
Ettinghausen, R. The art and architecture of Islam. 650-1250 / Richard Ettinghausen, Oleg Grabar,  New Haven and  London, Yale University Press, 1994.


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